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Penelope by Kentauros



Penelope è il nome di questa scrambler, che sicuramente avrà avuto un processo evolutivo e costruttivo lento e laborioso come la tela del celebre stratagemma narrato nell'Odissea... 

Una vecchia e abbandonata Yamaha XT 600 del 2000 rinasce nelle mani di Francesco Bellesi in arte Kentauros , un designer che si è fatto conoscere nel mondo degli appassionati per diverse realizzazioni grafiche ma più in particolare per la Spirit of Zeller di Officina Sbrannetti .

Adesso la moto si trasforma nella linea e nell'aspetto assumendo forme più snelle e slanciate che danno ancora più leggerezza  a questo vecchio monocilindro giapponese.
Penelope nasce sulla base di una Yamaha XT600E del 2000, ferma da tempo. Della moto originale è stato conservato solo il motore e parte del telaio. L’idea era di cambiare volto alla classica enduro Yamaha sia nello stile, con chiari riferimenti vintage, sia nella ciclistica, utilizzando componenti di concezione più attuale.




Il lavoro è iniziato con la modifica del telaio, tagliato e ricostruito nella parte posteriore con un robusto traliccio, mentre il telaietto supplementare sotto al motore è stato ridisegnato sfruttando gli attacchi originali.
E’ stato riposizionato l’attacco del monoammortizzatore, che è Showa così come la forcella a steli rovesciati, ex Honda CRF 450; stessa provenienza per il forcellone in alluminio, che ha richiesto nuovi leveraggi realizzati a cnc. Le piastre delle forcelle sono in alluminio e regolabili, realizzate su misura (come i perni ruote e forcella) per ospitare le nuove ruote con mozzi alleggeriti Faba e pneumatici Karoo 3 da 120/70/19 ant e 140/70/18 post.




Il carburatore originale è stato rimpiazzato da un Kehin FCR da 39, con filtro libero. I collettori di scarico sono stati ridisegnati per consentirne il passaggio esterno, inserendo un classico terminale Megaton modificato per ridurne il rumore. L’impianto frenante prevede dischi Galfer a margherita con pompe Nissin. Il motore è stato solo controllato, cambiate le parti usurate e verniciato, con alcune parti lucidate a mano. L’impianto elettrico è completamente rifatto e ospitato nella porzione del telaio sotto la sella. I parafanghi sono in metallo, il posteriore proviene da una vecchia Honda stradale mentre l’anteriore da una Harley: entrambi sono stati tagliati e sagomati. Fanalino posteriore, indicatori di direzione, luce targa e luce di posizione anteriore sono a led; sopra al faro anteriore è posizionata una tabella in alluminio Della Signs, che protegge la strumentazione digitale posizionata a ridosso dei risers. L’elenco dei pezzi è infinito, dal momento che ad esclusione del motore e di cavalletto e leva cambio (entrambi comunque modificati per adattarli alle nuove quote), non è stata utilizzata nemmeno una vite della moto originale.



Per quanto riguarda lo stile, il serbatoio di provenienza AMF Harley è stato lucidato a mano e trattato esternamente con protettivo e vernice trasparente, mentre all’interno è stato fatto il trattamento con Tankerite.
La sella è stata realizzata con cuoio naturale proveniente dai sedili di una Citroen DS Pallas del ’71, conservandone le caratteristiche doppie cuciture. Con lo stesso materiale è stata fatta la fascia che protegge il serbatoio.
Telaio, forcellone e piastre di sterzo sono verniciate in nero metallizzato, mentre i parafanghi e i fianchetti in metallo sono in nero opaco. Sempre in nero opaco è il paraschizzi posteriore, l’unico pezzo in plastica della moto, ricavato da un parafango anteriore di una Triumph, scelta che permette di lasciare a vista il mono posteriore lucidato.
Steli forcella, corona e catena sono di colore oro.



La moto, così trasformata, risulta più lunga, più alta, più stretta e più leggera dell’originale; alla guida si avverte l’aumentata maneggevolezza, mentre nonostante il baricentro alto e i pneumatici tassellati, mantiene buone doti di tenuta su asfalto e di trazione su sterrato.











 


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